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Claudio Palandrani

Nato a Pontremoli (MS) il 30 settembre 1954. Si è diplomato all’Istituto Statale d’Arte F. Palma
di Massa ed ha conseguito la laurea in Architettura all’Università degli Studi di Firenze con 110/110.
Ha frequentato per quattro anni i corsi della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Parma.
Responsabile per diversi anni del marketing creativo presso una grande azienda di Parma, dopo
aver vinto la prima cattedra si è dedicato all’insegnamento. L’abbandono volontario, nel 1986, di una
assai promettente carriera nell’industria a favore della scuola, ha corrisposto a una sua necessità di
disporre di maggior tempo da destinare alla professione, alle ricerche storiche, alla pittura e alla
musica, sue grandi passioni fin dai tempi della giovinezza.
A partire dal 1989/’90 si occupa di problematiche progettuali relative al miglioramento
dell’ambiente massese: in particolare, si ricordano gli studi sulla Riprogettazione della passeggiata a mare di Marina di Massa e la Proposta della realizzazione del Parco Fluviale del Frigido, che sarà poi accolta
dall’Amm.ne Com.le di Massa che, a più riprese, gliene affiderà la progettazione e la direzione dei
lavori. Al 1994 risalgono alcune collaborazioni con associazioni locali che portano alla pubblicazione
di un libro (per AUSER) dal titolo Luci e ricordi di una Marina, (con R. Polazzi) ed un altro libro, di
ricette locali, (per AIMA) dal titolo Colori, Profumi e Sapori, Viaggio attraverso i piatti della tradizione
gastronomica massese.
Negli anni Novanta, resosi conto dell’inadeguatezza della preparazione storica dei giovani
riguardo al territorio nel quale vivono, concepisce la realizzazione di una Storia di Massa a Fumetti, in
quattro volumi, (il quarto è in fase di realizzazione), ed una Storia di Luni, a fumetti. Palandrani si
occupa della scrittura dei testi, della sceneggiatura della serie e dei bozzetti delle tavole, la cui
realizzazione grafica viene affidata a N. Guerra. Nel 2003, con il saggio Alberico e Massa, la città e il
giardino, una lettura in chiave ermetica dell’urbanistica e delle imprese di un principe del tardo rinascimento, il
suo interesse si sposta sugli aspetti ermetici dell’urbanistica di Massa Cybea e del pensiero
neoplatonico del suo fondatore, Alberico I. Qui l’autore affronta con coraggio un’esegesi originale e
inedita, di matrice iconologica, attraverso un percorso di restituzione filologica del processo di
costruzione della città.
In quello stesso anno è chiamato a far parte del Comitato ufficiale per le celebrazioni del VII
Centenario della venuta di Dante in Lunigiana promosso dal Centro Lunigianese di Studi Danteschi.
Per il CLSD, con l’approssimarsi dei settecento anni della Pace di Castelnuovo, pubblica
un’apprezzata memoria divulgativa dal titolo Dante, la Lunigiana e i Malaspina, nel quale l’autore tratta
del rapporto tra Dante e la casa Malaspina offrendo una precisa e puntuale disamina dei personaggi e
dei luoghi della Lunigiana all’interno della Divina Commedia. Inoltre, in questo lavoro, l’autore
presenta un’importante rettifica all’interpretazione della profezia di Corrado il Giovane (Purg. VIII), –
già comparsa sul bollettino del CLSD, del 2003 – del termine ad quem della venuta di Dante in Lunigiana,
fissato da Livio Galanti nel 1965 al 20 di aprile del 1306, e da Palandrani anticipato al giorno 12, in
prossimità della cruciale festività della Pasqua.
Nel 2006 compare, con S. Soldano, il libro Vedute massesi – La rappresentazione di Massa e dintorni
tra XVI e XX secolo. Interviene al Congresso Internazionale Dante e la Lunigiana, organizzato dal CLSD
portando la citata memoria intorno al Termine galantiano. Nel 2007 è accolto nel gruppo dei ricercatori
del CLSD, per cui propone e realizza l’epigrafe del Centenario collocata a Mulazzo. In quello stesso
anno, pubblica, ancora con S. Soldano, Paesaggi del Marmo – Marmo e cave Apuane nelle vedute artistiche tra XVII e XX secolo.
Nel 2009, assieme a M. Manuguerra e A. Raffi, firma la curatela di Dante e la Lunigiana, per il
CLSD. In questo lavoro inserisce una memoria sul Veltro allegorico dantesco dal titolo Il Latino e il
Volgare dietro le metafore dantesche della Lupa e del Veltro, già stato anticipato sulle pagine del bollettino del CLSD del 2005.
In questo lasso di tempo pubblica anche due cartelle di disegni conservati presso l’Archivio di
Stato di Massa: una cartella comprendente i disegni di anonimo dei primi del XVII secolo rappresentanti i
possedimenti Cybei, ed una cartella con una serie di disegni delle cave apuane realizzati da Saverio Salvioni nei primi lustri dell’Ottocento.
Si dedica quindi ad un breve saggio storico sul XX Settembre 1870, (con R. Polazzi) e ad un saggio
di notevole interesse in quanto l’autore ha rinvenuto al museo madrileno del Prado, un basamento
marmoreo con le più antiche rappresentazioni conosciute delle città albericiane in territorio apuano. Il
titolo di quest’opera è Le più antiche vedute di Massa, Carrara, Avenza e Moneta: Le imprese albericiane del Cubo e la cicogna e dell’Aquila in un piedistallo marmoreo del Prado. Tratta quindi di E. Chiesa: Eugenio Chiesa 1863-2013 Celebrazione del 150ennale della nascita. Partecipa al convegno per il 150ennale della presenza della Chiesa Evangelica di Carrara con un saggio su Francesco Valentini, Una vita attraverso i fermenti sociali, associativi e politici della “Ginevra apuana”. Infine, l’autore si è dedicato ad un lungo lavoro di ricerca e di ricostruzione che ha avuto come oggetto la biografia del letterato carrarese Oreste Raggi che ha consentito di ricostruire una produzione letteraria che vanta oltre centoventi titoli, solo in minima parte era finora nota. Il libro, è intitolato Vita e opere di Oreste Raggi. Ritratto di un carrarese illustre attraverso un compendio antologico dei suoi scritti..
L’attività artistica
Come pittore Claudio Palandrani ha una carriera artistica che ha superato i cinquant’anni di
attività, avendo tenuto la sua prima mostra personale di pittura nel 1974. Da allora ha esposto le sue
opere in numerose località italiane. Le sue opere sono presenti in diverse collezioni private.
Scrive Claudio Palandrani della propria poetica artistica:
Mi oppongo alla post-modernità, all’idea stessa di crisi dell’arte che essa sottende, alle
frammentazioni Individualistiche che essa genera come metastasi prodotte dalla dissoluzione della
modernità.

Non penso che il pensiero moderno sia finito, che si sia estinto il portato di idee che esso ha
trasmesso. Ecco perché mi interessa ricostruire un collegamento, interrotto senza essere stato portato a
compimento, con la pittura italiana astratta degli anni ’40-70.
Questo per alcune ragioni evidenti. Una di tipo emotivo, perché quella pittura era capace di
suscitare emozioni positive e forti che partivano dal profondo ed erano ricche di contenuti. L’arte di
Birolli, Morlotti, Afro, Licini, Santomaso, Vedova, ed altri,. era un’arte piena di senso, dove alla forma
astratta corrispondeva una straordinaria capacità di evocazione, quasi sensoriale oltre che psichica.
Poi perché quell’arte, uscita dalle macerie della guerra, proponeva, attraverso la sua estetica, un
mondo rigenerato dalle forme e dai colori, suggeriva un’estetica positiva, lucida, e propositiva. Non
leniva ipocritamente le piaghe posti-belliche, ma offriva all’anima individuale e collettiva delle vie di
fuga costruttive la cui matrice italiana e mediterranea era evidente a tutti e veniva proposta come
possibilità estetica (dove “estetica” non va intesa solo in senso formale ma in una più profonda
accezione sostanziale) per la rigenerazione estetica di tutta l’arte europea.
Infine perché anche oggi viviamo un’esperienza per molti aspetti post-bellica. Abbiamo bisogno
di rigenerarci esteticamente, cioè interiormente, percettivamente, guardando ad un futuro in modo non
autistico e involuto, tortuosamente introspettivo, bensì di squarciare il velo oscuro che avvolge la
nostra anima divenuta insensibile al bello, ai colori, all’aria e all’acqua.
Manca un’arte che guidi la gente a sperare in un mondo nel quale gli elementi della natura
tornino a guidarci nella vita e nei comportamenti di tutti i giorni.
Da qui un’attenzione personale agli ambienti marini, naturali, ai paesaggi e alle “forme
biologiche” che abitano nelle cose che dipingo. La mia pitture è astratta, cioè non rappresenta oggetti
della realtà. Tende però a rappresentare l’anima della realtà (che non è solo fisica) cioè di una Natura
naturante che rigenerando se stessa rigenera anche la nostra capacità/possibilità di interpretarla in
modo sempre nuovo e positivo.

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